Molte persone pensano alla felicità come un risultato auto-definito, prodotto da un complicato algoritmo che potrebbe riassumersi con “Ho controllato la lista delle cose da fare oggi” e “Ho due figli e possiedo una casa a 40 anni”. La ricetta per la felicità è puramente personale, ogni condizione lasciata insoddisfatta potrebbe pregiudicare il risultato finale e il tuo progetto potrebbe restare a metà, uno stato che è tutt’altro che felice e talvolta abbastanza miserabile.
Anche se non sei sprofondato della disperazione e vivi abbastanza bene, potresti essere in grado di percepire che ti manca qualcosa. Se è così, allora continua a leggere: c’è un modo per dirigere te stesso verso la felicità.
La consapevolezza di noi stessi deriva tanto dai nostri fallimenti quanto dai nostri successi. Qualunque sia la tua storia, è saggio prendere coscienza di come ti auto-definisci. Aderire a un’identità basata su quanto bene farai di fronte a ciò che è difficile nella vita può impedirti di migliorare le tue condizioni e il tuo umore. Allo stesso modo l’autostima derivante dal successo potrebbe crollare in caso di un arretramento imprevisto.
Al di là e alle spalle di chi pensiamo di essere e di ciò che pensiamo di desiderare c’è il sé a cui siamo attaccati e quel sé è solitamente legato a una dichiarazione morale su noi stessi. Ci piace pensare di essere fondamentalmente bravi , di agire nel modo che ci si aspetta da noi (dalla società, dalla nostra famiglia). Troppo spesso, però, “preferiremmo avere ragione, che essere felici”, per citare il Corso in Miracoli .
La contentezza richiede di spostare il nostro senso dell’io verso qualcosa di più intrinseco. Tocca il vuoto al di là delle aspettative della società o delle nostre società; si tratta di staccarsi dall’ego e connettersi a ciò che io definisco “identità essenziale”.
In ogni caso, un’identità che garantisce soddisfazione non può limitarsi agli obiettivi o ai risultati conseguiti nell’arco della propria vita.
Per farti capire meglio quello di cui sto parlando ecco tre verità sulla felicità:
1. La felicità si fonda sull’amare il proprio Io essenziale.
Il più grande errore che vedo nelle persone che intorno a me e che mi viene riflessa ovunque in “società” è legare la felicità alla realizzazione. Se ci identifichiamo con i nostri obiettivi e le nostre potenzialità, stiamo scegliendo di renderci costantemente vulnerabili al fallimento e potenzialmente infelici. È come dire a un bambino: “Sei grande solo perché hai segnato il gol decisivo a calcio”, piuttosto che “Sei grande perché sei TU!” Da adulti, il risultato più comune di allineare il nostro senso di sé a obiettivi di vita è la “crisi di mezza età”, caratterizzata da pensieri come questo: non ho realizzato tutto ciò che pensavo di fare nella vita, quindi chi sono io?
Dobbiamo cambiare il nostro paradigma: la felicità riguarda l’auto-compassione radicale, l’accettazione di te stesso come sei. Secondo lo spirito Zen è meraviglioso e spirituale connettersi con se stessi come mera coscienza. Scalando il tuo Io potresti considerarti un’anima impegnata in un viaggio umano, che consiste nel riconoscere le fragilità dell’esperienza incarnata e nel fare del tuo meglio in ogni aspetto della vita.
2. Allinearti con il tuo Io essenziale è ciò che ti serve per essere felice.
L’Io essenziale è il proprio Io che ha qualità che esistono in e per se stesse, non qualità che sono al servizio di un obiettivo specifico. L’Io essenziale è creativo e veramente un buon amico; non è un diploma universitario in scienze, un piano imprenditoriale intelligente, l’ottenimento della laurea o qualsiasi altra cosa da fare per avere l’approvazione degli altri. Al primo posto bisogna che tu ponga l’amore per i tuoi familiari, gli amici e il tuo partner !
Se riesci a trovare quelle qualità che descrivono il tuo Io essenziale trascorri un momento a contemplarle. Nel momento in cui identifichi e abbracci le tue qualità essenziali senti l’energia che scorre. Dì a te stesso: “Io sono —” e lascia che il tuo cuore sia pieno. Ricordati di questa sensazione la prossima volta che ricadi nell’insoddisfazione.
3. La vera felicità sta nel superare i momenti di crisi
Naturalmente, quando la vita ti colpisce duramente con perdite, traumi o improvvise difficoltà, è naturale reagire sentendosi infelice, a volte persino profondamente disperato. La natura umana ha bisogno di tempo per riprendersi. Essere contenti non vuol dire essere impermeabili al dolore o alla tristezza, si tratta di impegnarsi costantemente nel lavoro su sé stessi.
La felicità non ha aspettative. È solo se riusciamo a ripensare alla nostra intera identità lontano dai nostri impegni e dai nostri obiettivi, accettando noi stessi e le nostre vite come sono che faremo molto più che liberarci dallo stress dell’insoddisfazione costante. Svilupperemo anche gli strumenti per trovare il modo di bilanciare gli imprevisti e gli ostacoli della vita.