La vera storia di Al Capone, condannato per evasione fiscale

Al Capone

Alphonse Gabriel Capone era il nono figlio di Gabriele Capone, emigrato italiano di origini campane. Nacque e crebbe a New York, in uno dei quartieri all’epoca più poveri e malfamati: Brooklyn. Segnato dalla povertà e dalla criminalità dell’ambiente che lo circondava cominciò lui stesso a farne parte già dalla più tenera età. Ed è proprio a causa dell’ambiente in cui viveva che Al Capone sviluppò quei tratti caratteriali che lo accompagnarono nella sua ascesa al potere.

Ho riassunto la storia di Al Capone in breve in un altro articolo, qui ne parleremo in maniera più approfondita.

Il più famoso gangster della storia nacque il 17 gennaio 1899 a New York, nel distretto di Brooklyn. Suo padre, Gabriele Capone, era originario di Castellammare di Stabia e faceva il barbiere. Sua madre, Teresa Raiola, era originaria di Angri, faceva la sarta ed era molto religiosa.

L’infanzia di Al Capone

I genitori di Al Capone nutrivano molte speranze quando avevano lasciato Napoli per trasferirsi in America. Tuttavia una volta arrivati nel Nuovo Mondo si scontrarono con la dura realtà.

La loro prima dimora fu nel quartiere di Navy Yard che era anche sede di numerosi cantieri navali ai quali deve il suo nome. Fu lì che nacque Alphonse. Era un ambiente malfamato in cui era molto diffusa la povertà.

Navy Yard, luogo di nascita di Al Capone.
Navy Yard, cantiere navale a Brooklyn (New York)

Quando Al era dell’età di circa 10 anni i Capone si trasferirono al 21 di Garfield Place, situato in una zona più confortevole e più adatta a crescere una famiglia.

Al iniziò la sua carriera nella delinquenza in tenera età. Già a 11 anni aveva abbandonato gli studi e si era dedicato alla criminalità.

La carriera scolastica di Alphonse si concluse verso la fine delle elementari quando diede un pugno a un maestro e fu duramente punito dal preside della sua scuola.

Alphonse combinava molti guai ed era fonte di preoccupazione per i suoi genitori ma nel contempo contribuiva al mantenimento della famiglia facendo qualche lavoretto qua e là. Lavorò in una fabbrica di munizioni, in un bowling e in una rilegatoria prima di cominciare a fare il buttafuori in un bar a Coney Island: l’Harvard Inn.

Questo posto si rivelerà molto importante per la formazione del gangster newyorchese.

I primi crimini di Scarface

Quando Alphonse cominciò a lavorare nell’Harvard Inn aveva diciotto anni. Fu proprio in questo locale che ricevette la ferita che causò la cicatrice che gli valse il soprannome di Scarface. Fu qui che conobbe Johnny Torrio, un gangster italo-americano che prese come modello.

Johnny Torrio, mentore di Al Capone
Johnny Torrio (Montepeloso, 20 gennaio 1882 – Chicago, 16 aprile 1957), gangster italo-americano.

Torrio si trasferì a Chicago per gestire alcuni affari per conto di Big Jim Colosimo, altro gangster italo-americano molto potente all’epoca. Big Jim gestiva un consistente numero di bische clandestine e aveva un buon numero di bordelli frequentati anche da importanti personalità della politica, delle forze dell’ordine e del jet set americano.

A quel tempo Torrio aveva bisogno di un braccio destro di polso e abbastanza in gamba. Al gli sembrò la persona giusta e per questo lo arruolò tra le sue fila.

Con l’avvento del proibizionismo una figura come Alphonse Capone era come avere un asso nella manica data la sua personalità e il suo modo di agire molto deciso. Dato che nonostante lo vietasse la legge molti non avrebbero comunque smesso di bere si aprivano nuove possibilità di guadagno grazie al traffico illegale di alcolici. Questo Torrio lo sapeva bene e perciò prese la palla al balzo per costruire una fitta rete di traffico di alcolici e per aprire rivendite illegali di alcolici.

A 19 anni Al Capone aveva già moglie e un figlio. Aveva sposato Mae Coughlin, una ragazza irlandese di 21 anni.

Quando Capone si trasferì a Chicago era il 1919, proprio poco prima che il proibizionismo cambiasse il volto dell’America.

Fu proprio in quel periodo, i ruggenti anni 20, che le abitudini degli americani cambiarono dando inizio a un epoca in cui il crimine dilagò come mai prima di allora.

Il proibizionismo entrò in vigore a gennaio del 1920 e l’ondata di crimine che ne seguì permise a Al Capone di dare libero sfogo alla sua sete di potere togliendo di mezzo e uccidendo chiunque lo ostacolasse.

Ascesa al potere

Al aveva cominciato la sua scalata al potere ma era ancora poco maturo per poter diventare quello che avrebbe dovuto. Per questo motivo Torrio divenne per lui il suo mentore e fu proprio grazie a lui che riuscì a salire di grado nella malavita americana.

Capone esercitava su Johnny Torrio un certo fascino e per questo motivo era diventato il suo pupillo. Più passava il tempo e più Torrio gli dava incarichi man mano più importanti. Il boss arrivò addirittura a dire che forse un giorno Al sarebbe potuto succedergli al comando.

All’inizio Al capone lavorava come barman e buttafuori presso una casa chiusa. In alcune occasioni il suo ruolo consisteva nello stare in strada e invitare la gente che passava a entrare nel bordello.

Con l’arrivo del proibizionismo Torrio intuì che si potessero fare affari d’oro. Tuttavia Big Jim Colocimo non era d’accordo, dal canto suo faceva già abbastanza soldi con i traffici che già gestiva e per lui non valeva la pena buttarsi in un nuovo racket partendo da zero, dato che questo genere di traffico necessitava di una gestione diversa rispetto a quelli classici.

Colosimo era diventato un ostacolo per Torrio, bisognava farlo fuori.

Big Jim Colosimo, gangster contemporaneo di Al Capone.
Big Jim Colosimo (Colosimi, 16 febbraio 1878 – Chicago, 11 maggio 1920)

Per questo incarico fu scelto proprio Al Capone. Per portare a termine il compito assegnatogli il giovane decise di ingaggiare il suo ex boss di New York Frankie Yale. L’omicidio si svolse di un club di proprietà dello stesso Colosimo di fronte a tutti. Nessuno dei presenti disse nulla alla polizia una volta interrogato, tutti gli interrogati dissero di non ricordare nulla.

Ora la via era libera e Torrio e i suoi poterono tranquillamente sfruttare il proibizionismo per arricchirsi.

La figura di Al Capone

Johnny Torrio nutriva così tante aspettative sul suo pupillo Capone che gli fece frequentare una scuola serale per eliminare il suo accento di Brooklyn.

Capone fece subito carriera nella malavita ma non voleva che nessuno pensasse a lui come un criminale. Dal canto suo si riteneva un gentleman e si vestiva sempre in maniera elegante.

Il giallo e il verde erano i suoi colori preferiti e li utilizzava spesso nel suo vestiario. Indossava un Fedora bianco e al mignolo aveva un anello con un diamante da 11 carati che all’epoca valeva circa 50.000 dollari. La biancheria intima che indossava era italiana e di seta. Il suo amore per l’eleganza gli valse il soprannome di Snorky, ovvero uomo di classe, un soprannome che amava.

Al Capone che indossa il suo cappello preferito: un Fedora bianco.
Al Capone che indossa il suo cappello preferito: un Fedora bianco.

Al Capone era alto 1 metro e 69 e pesava 79 kg. Quando entrava in un locale attirava subito l’attenzione su di sé anche perché era sempre attorniato da una piccola banda composta da almeno 5 persone.

Quando si sedeva a un tavolo faceva arrivare delle ragazze per fargli compagnia e questo generava un po’ di baccano. Quando Capone era in un locale si faceva sentire insomma.

Al Capone era ben voluto dalla gente del suo quartiere perché era solito elargire generose mance. Nessuno lo vedeva come era in realtà, cioè un pericoloso criminale. In effetti erano i suoi uomini a fare il lavoro sporco.

Una volta Al versò accidentalmente un drink sul vestito nuovo di una ballerina rovinandolo. La ballerina in questione se la prese molto lamentandosi del fatto che aveva appena comprato quel vestito e le era costato molto. Al Capone senza pensarci un attimo tirò fuori dei soldi e li diede alla ragazza dicendole di portare il vestito in lavanderia, le aveva dato 25 dollari che all’epoca erano un bel po’ di soldi.

A volte, quando si trovava in un locale, Al chiedeva a un ragazzino di salire sul palco e ballare il Charleston, dopo l’esibizione gli dava una mancia di 5 dollari che per un ragazzino erano tantissimi.

Anche la famiglia di Al Capone lo stimava molto. Alla morte del padre avvenuta nel 1920 Al fece trasferire tutta la famiglia a Chicago e la sistemò in una bellissima casa da 15 stanze. Poi impiegò i suoi fratelli nella sua organizzazione fornendo loro una fonte di reddito.

In realtà Al era molto diverso da come appariva, tradiva spesso la moglie, beveva molto, giocava d’azzardo e andava a prostitute.

Il salto di qualità

Al Capone analizzava spesso il suo ruolo e la figura di Johnny Torrio. Al era incline alla violenza e a fare piazza pulita dei suoi avversari, invece Torrio era più saggio.

Nel 1922 Torrio capì che per riuscire a sfruttare al meglio la situazione che si era venuta a creare grazie al proibizionismo bisognava fare una tregua con le bande rivali. Per questo motivo in quell’anno indisse una riunione per sancire un accordo che facesse tutti contenti. Le bande si spartirono il territorio e i locali e cessarono si farsi la guerra. Ci guadagnarono tutti.

Per Al quella fu una lezione, capì che non sempre la violenza è la risposta che risolve tutto. Il racket di Torrio da quel momento subì un’impennata notevole, quelli furono gli anni d’oro per lui e la sua banda. Obbligava i locali a comprare l’alcol da lui e se non accettavano li faceva saltare in aria e poi offriva loro un prestito per le riparazioni. Volenti o nolenti i proprietari dei locali dovevano entrare in affari con lui.

Si calcola che ogni anno le bande criminali guadagnavano circa 120 milioni di dollari tra vendita di alcolici, prostituzione e gioco d’azzardo.

Al Capone sfruttò il proibizionismo per aumentare le sue entrate.
Il proibizionismo, il gioco d’azzardo e la prostituzione rappresentavano il grosso delle entrate per la banda di Torrio.

Il crimine si era organizzato come una vera e propria azienda, ognuno aveva il suo compito ed era specializzato in qualcosa. C’era chi pensava ai camion, chi a fare accorsi con i locali, chi produceva alcol, etc.

Come Al Capone manteneva il suo potere

Al Capone era a tutti gli effetti un uomo d’affari, i suoi investimenti erano molteplici. Tuttavia non poteva spendere i soldi che guadagnava illecitamente in maniera convenzionale. Faceva tutto utilizzando contanti e senza lasciare traccia.

Per continuare ad agire indisturbato corrompeva la polizia. Non solo i poliziotti comuni erano sul suo libro paga ma anche i pezzi grossi. A un certo punto Capone stimò che metà della polizia di Chicago lavorava per lui.

Come appariva la polizia di Chicago negli anni ’20. Al Capone sosteneva che la metà della polizia lavorava per lui.

Ogni affare che si svolgeva nella sua zona doveva passare sotto la sua protezione oppure non andava in porto.

Capone arrestato per la prima volta

Al si sentiva intoccabile, era convinto che niente e nessuno gli potesse fare nulla e si sentiva il padrone della città.

Il 30 agosto 1922, di prima mattina, Capone venne arrestato dopo una notte brava. L’auto che guidava era finita addosso a un taxi. Ubriaco uscì dall’auto e minacciò il tassista con una pistola e per intimidirlo gli mostrò anche un falso distintivo.

Quando arrivò la polizia e lo arrestò Capone si vantò dicendo che avrebbe sistemato tutto lui e che non gli sarebbe successo niente perché non poteva essere condannato. E così fu.

Le accuse verso Alphonse vennero ritirate e lui fu liberato. La notizia uscì su tutti i giornali, Al capone era davvero intoccabile.

Ancora più potere, la Guerra della Birra

A soli 23 anni Al Capone divenne socio di Johnny Torrio. I due erano al vertice del potere e guadagnavano soldi a fiumi, ma non erano ancora soddisfatti.

Nel 1923 l’alleanza tra bande si sfaldò e cominciò la Guerra della Birra di Chicago. Negli ultimi mesi di quell’anno, a cominciare da settembre, ci fu un boom di violenza che vide numerosi morti e attentati. Al Capone stava facendo fuori tutti i suoi rivali.

Si calcola che durante il proibizionismo morirono oltre 700 persone nella guerra tra bande.

Da quella situazione Torrio e Capone ne uscirono vincitori e consolidarono ancora di più il loro potere.

Il 1924 e il monopolio degli alcolici

Nel 1924 il clima a Chicago era leggermente cambiato e la corruzione e le attività fuorilegge in generale divennero più difficili. Torrio e Capone cercarono perciò un nuovo fulcro per le loro attività criminali.

Scelsero Cicero, una cittadina facente parte della conurbazione di Chicago. Fu proprio qui che il potere dei due gangster divenne ancora più forte. La loro area di influenza crebbe e si diffuse nei sobborghi di Chicago circondando perciò la città. Per entrare o uscire da Chicago bisogna passare per forza dalle zone controllate da Torrio e Capone. Questo fece si che i due acquisirono il monopolio del traffico di alcolici, erano soltanto loro a rifornire la città di alcol.

Cicero era la zona ideale come base per l’impero di Al Capone. Era un quartiere dormitorio in cui risiedevano oltre 60 mila operai. In quel luogo la corruzione funzionava a meraviglia e non c’era nessun ostacolo per Big Al.

La polizia locale era nelle completamente nelle mani del gangster e persino le lezioni erano controllate da lui.

Capone fece eleggere Joseph Klenha, repubblicano che gli avrebbe permesso di continuare ad agire indisturbato. La banda di Capone minacciò e picchiò chiunque si fosse opposto all’elezione di Klenha.

Le elezioni del 1° aprile 1924 e la morte del fratello di Al

Le elezioni a Cicero si svolsero il primo aprile 1924, il candidato di Capone vinse ma Al subì un brutto lutto.

Quello stesso giorno suo fratello Frank venne ucciso durante una sparatoria con la polizia. Aveva solo 29 anni.

Salvatore Francis “Frank” Capone (Brooklyn, 16 luglio 1895 – Chicago, 1 Aprile 1924), fratello di Al.

Questo evento lo scosse profondamente facendogli capire che ci voleva poco a perdere la vita, capì di essere mortale. Cominciò a girare con una scorta dalla quale non si separava mai. Aveva più guardie del corpo persino dell’allora presidente degli Stati Uniti d’America Calvin Coolidge.

Al Capone all’apice del potere

A gennaio del 1925 alcuni rivali tentano di uccidere Al Capone. Al uscì indenne dall’attentato ma Torrio, che era insieme a lui, rimase ferito.

Torrio si riprese ma fu arrestato e condannato per aver violato le leggi sul proibizionismo. Poco più tardi, a marzo, annunciò il suo ritiro dalla scena lasciando tutto in mano a Big Al. Capone aveva solo 26 anni quando divenne uno dei più potenti gangster della storia.

Una personalità particolare

Ad Al Capone piaceva essere al centro dell’attenzione. Era spesso sulla prima pagina dei giornali, tutti lo conoscevano.

Ogni volta che gli venivano mosse delle accuse indiceva una conferenza stampa per affermare la sua innocenza.

Tuttavia tanto potere e ricchezza destavano le antipatie di molti perciò Al divenne un bersaglio molto appetitoso. Per questo motivo si blindò in una nuova base operativa: il Metropole Hotel.

Il Metropole Hotel, rinominato Lexington Hotel nel 1928, era il quartier generale di Al Capone.

Questo hotel era provvisto di vie di fuga segrete. Inoltre Al non si separava mai dalla sua scorta. Aveva comprato e personalizzato una limousine rendendola blindata. L’auto arrivò a pesare oltre 7 tonnellate ed era munita di vetri antiproiettile. Il lunotto posteriore poteva essere abbassato per rispondere all’eventuale fuoco nemico.

Diversi furono gli attentati alla vita di Al Capone, tutti falliti. La vendetta del gangster italo-americano fu spietata, uccise tutti coloro che avevano osato metterglisi contro.

I mitra di Al Capone

Le meccaniche utilizzate da Capone e la sua banda cambiarono, si evolvettero. Nel 1925 cominciarono a usare i mitra insieme ad auto veloci, una combinazione letale. I mitra utilizzati erano dei Thompson che garantivano un buon numero di proiettili sparati per secondo.

Negli anni ’20 le bande utilizzavano mitra e auto veloci per i loro attentati.

Le guerre tra bande divennero ancora più violente e la zona di influenza di Capone si allargò ulteriormente.

Durante un viaggio a New York, per portare suo figlio da un medico, Al colse l’occasione per far fuori alcuni avversari di un suo alleato del posto, Frankie Yale.

Al e quelli che lo accompagnavano furono arrestati ma tra omertà dei testimoni e corruzione dei giudici riuscirono a cavarsela, le accuse caddero per mancanza di prove.

Al Capone si ritira dalle scene per un po’ e si consegna alle autorità

Al Capone tornò a Chicago nel 1926 con la guerra tra bande che imperversava ancora. Il 27 aprile di quell’anno guidò un assalto contro una banda rivale. Il tutto avvenne all’esterno di un bar di Cicero. Il bilancio fu di 3 morti e 3 feriti. Tra i morti c’era l’assistente procuratore William McSwiggin che era rimasto vicino ai suoi amici d’infanzia che però erano anche nemici di Capone. McSwigging era molto ben voluto dalla popolazione e la sua morte generò molto sdegno. Per questo motivo Al decise di sparire per un po’ e si ritirò a Lansing, nel Michigan, dove rimase nascosto in una villetta insieme all’amante per tutta l’estate.

Dopo qualche tempo decise di trattare con le autorità dell’Illinois per risolvere la situazione e tornare quindi a Chicago. Alla fine Al si consegnò alle autorità.

L’inchiesta e le indagini che seguirono non portarono a nulla. Furono anche convocati 6 gran giurì ma non riuscirono a incriminare e condannare Al Capone che ne uscì vittorioso. Indisse una conferenza stampa e si proclamò innocente. Di fatto agli occhi di tutti sembrava intoccabile e lui lo sapeva.

Un giorno Capone entrò in una stazione di polizia seguito da un giornalista. Una volta dentro chiese se ci fosse qualche poliziotto o giudice che volesse arrestarlo ma nessuno osò farlo. Con questo atto volle dimostrare a tutti che non era ricercato a Chicago.

I rivali di Al Capone

Capone ormai era il leader incontrastato della malavita di Chicago, ma non tutti lo accettavano. Hymie Weiss e George “Bugs” Moran, due gangster rivali, non si fecero intimidire e tentarono più volte di farlo fuori.

Earl J. ” Hymie ” Weiss (Polonia, 25 gennaio 1898 – Chicago, 11 ottobre 1926)

Uno dei tentativi più plateali avvenne nel settembre del 1926 all’Hawthorne Inn a Cicero. Al stava pranzando quando una fila di dieci auto passò sparando a tutto spiano. La guardia del corpo del gangster, Frank Rio, capì che c’era qualcosa che non andava già sentendo il chiasso generato da quella lunga fila di auto. Appena sentì il fuoco aprirsi si buttò su Al Capone e lo spinse a terra dove lo tenne per tutta la durata dell’attentato.

Gli assalitori presero di mira tutto l’isolato e quando ormai tutte le auto furono passate uno di loro scese a piedi, entrò nel ristorante e dalla porta fece fuoco col mitra per diverse volte.

Si calcola che furono sparate oltre 5.000 pallottole in meno di 10 minuti. Il locale fu fatto a pezzi. Nonostante la portata dell’attentato non ci fu nessuna vittima. Capone pagò il conto dell’ospedale dell’unico ferito. In seguito pensò a come vendicarsi di Weiss.

Capone fece alloggiare alcuni dei suoi uomini in un albergo che affacciava sul covo di Weiss e Moran. Non appena intravidero Weiss gli spararono.

Morto Weiss, Moran assunse il comando della banda. Al gli fece anche le condoglianze per la morte del suo alleato asserendo che lui non c’entrava nulla.

George Clarence ” Bugs ” Moran ( Adelard Leo Cunin , 21 agosto 1893 – Kansas, 25 febbraio 1957)

A ottobre di quell’anno Capone e Moran stabilirono una tregua. Secondo Al c’era abbastanza spazio per tutti e non c’era bisogno di uccidersi a vicenda.

L’uomo d’affari

Al Capone a 27 anni aveva ormai un impero. La sua ricchezza si basava sul crimine ma a lui non piaceva essere considerato un delinquente. Per la maggior parte del tempo rimaneva in ufficio con il suo staff per dirigere i suoi affari come un vero e proprio manager.

Gli uomini che indagavano su di lui valutarono che nel 1927 Al Capone guadagnò 105 milioni di dollari, tutti provenienti da attività illecite.

Il suo amico Big Bill Thompson fu rieletto sindaco di Chicago. Tutto procedeva senza intoppi e il gangster era ormai il padrone della città. A questo punto poteva anche rilassarsi un po’.

Al decise di passare del tempo insieme a suo figlio portandolo a delle partite di baseball. Inoltre si dedicò alla boxe nel tempo libero.

Capone asseriva che si sentiva stressato dal fatto di essere malvisto dalla gente e perciò aveva bisogno di distrarsi.

A gennaio del 1928 acquistò per 40.000 dollari una villa da 14 stanze sull’isola di Palm, vicino a Miami in Florida.

Tuttavia un enorme giro d’affari come il suo richiedeva impegno costante. Al venne a sapere che uno dei suoi sicari di fiducia di New York, Franky Yale, rubava carichi di alcol. Poiché per Capone la fiducia e la lealtà erano fondamentali.

Frankie Yale  (Longobucco, 22 gennaio 1893 – New York, 1º luglio 1928)

Il primo luglio del 1928 Yale venne catturato e ucciso dagli uomini di Scarface.

In quell’anno Bugs Moran ricominciò a creare problemi, dirottava carichi di alcol appartenenti alla banda di Al Capone. Ci voleva una soluzione definitiva.

La strage di San Valentino

Bugs Moran era diventato una spina nel fianco per Al Capone e per questo bisognava farlo fuori.

La mattina del 14 febbraio 1929, San Valentino, Moran doveva recarsi in uno dei suoi magazzini in cui c’erano i suoi ad aspettarlo. Quella mattina Prima che Moran arrivasse si presentarono sul posto dei poliziotti. Gli uomini di Moran furono colti di sorpresa e perciò non reagirono quando fu chiesto loro di mettersi al muro girati di spalle e con le mani alzate. Furono tutti fatti fuori a colpi di mitra.

Immagine tratta dal film ‘Il massacro del giorno di San Valentino’ (1967)

Tra le vittime ce n’era una che assomigliava molto a Moran anche nel modo di vestire. L’uomo indossava un soprabito leggero e un fedora scuro. Per questo motivo gli uomini di Capone pensarono di aver portato a termine la missione e se ne andarono.

Moran era però sopravvissuto e accusò della strage Al Capone. Partirono le indagini ma la mattina della sparatoria Capone era a Miami, convocato da un giudice federale che lo voleva interrogare, un alibi di ferro. Capone restò ancora una volta. Moran decise di scappare e sparire per sempre dalle scene.

Dopo la Strage di San Valentino

La strage di San Valentino rappresenta di certo uno dei più efferati crimini di Al Capone ma certo non fu l’unico ne tanto meno l’ultimo. Quel crimine rappresentò però un punto di non ritorno per Big Al.

Dopo la strage di San Valentino Al Capone diventò in nemico numero uno sia per le forze dell’ordine che per gli altri gangster. Era diventato davvero troppo potente.

A maggio del 1929 Capone scoprì che alcuni sicari stavano tramando per ucciderlo. Dato che li conosceva e che avevano lavorato per lui in precedenza li invitò a cena.

John Scalise, Albert Anselmi e Joseph Giunta erano dei membri molto conosciuti e di alto grado nella malavita di Chicago. Il loro principale ruolo era quello di sicari. Anselmi e Scalise avevano anche partecipato alla strage di San Valentino.

John Scalise (Castelvetrano , Sicilia, 1900 – Chicago, 7 Maggio, 1929) e Albert Anselmi (Marsala, Sicilia, 1883 – Chicago, 7 maggio 1929)

Quella sera Al Capone fece preparare per loro una cena magnifica e ricca di prelibatezze e buon vino.

A fine cena Al si alzò, ribaltò il tavolo e accusò i tre di tradimento, poi ordinò ai suoi uomini di attaccarli con della mazze da baseball. La scena fu terribile, le vittime furono colpite innumerevoli volti e venne loro spaccato il cranio. Terminato il massacro gli uomini di Al Capone spararono sui corpi esanimi.

I corpi così orrendamente sfigurati vennero ritrovati in una stradina vicino ad Hammond, nell’Indiana, la mattine dell’8 maggio 1929.

La fine di Al Capone

A questo punto della storia cominciano i veri guai per Al Capone. I suoi crimini erano diventati sempre più efferati e il fatto di compierli alla luce del sole non aiutatava.

Sulla sua testa pendeva una taglia di 50.000 dollari, una cifra enorme per l’epoca.

Al Capone arrestato di nuovo, per sua iniziativa

Al aveva capito di essere in pericolo e pensò che sarebbe stato meglio togliersi di torno per un po’. Per farlo escogitò un piano: farsi arrestare per essere mandato in una prigione lontano da Chicago.

Sfruttando i suoi agganci si fece arrestare insieme ad alcuni dei suoi collaboratori all’uscita da un cinema, la motivazione era detenzione di armi senza licenza. La cosa però non andò secondo i suoi piani, il giudice fu più severo del previsto e lo condannò a un anno di prigione.

Al Capone le provò tutte per uscire di prigione prima dello scadere della condanna ma non ci riuscì. Tentò di corrompere pezzi grossi e di farsi ben volere facendo beneficenza, ma non servì a nulla. Dovette accontentarsi di gestire il suo impero da dietro le sbarre utilizzando il telefono, uno dei privilegi che era riuscito a ottenere grazie alla sua influenza.

L’inizio della fine

Da Chicago arrivavano brutte notizie per Al. Il governo federale lo voleva sistemare una volta per tutte e la sua banda era stata presa di mira.

Mentre Al si trovava ancora in prigione a Philadelphia suo fratello Ralph Capone venne arrestato. Nello stesso periodo furono arrestati anche personaggi molto importanti per l’organizzazione di Capone come Jack Guzik e Frank Nitti, quest’ultimo era il braccio destro di Capone. Tutti loro vennero arrestati per evasione fiscale. Era l’inizio della fine per la leggenda di Al Capone.

Frank Capone (Angri,12 Gennaio 1894 – Winsconsin, 22 Novembre 1974), fratello di Al.

Al Capone nemico pubblico numero uno

Al uscì di prigione a marzo del 1930 proprio quando, nonostante fosse in prigione, era stato nominato nemico pubblico numero uno. Questa faccenda lo deluse molto dato che amava farsi passare per bravo ragazzo.

Per riacquistare qualche punto agli occhi della società Al decise di fare beneficenza. Erano gli anni della depressione e molti americani erano senza lavoro e non riuscivano ad arrivare alla fine del mese. Capone aprì una mensa per i poveri che dava da mangiare a oltre 3.000 persone al giorno. Ma questo non bastò.

Nel 1930 Al Capone istituì un mensa per i poveri e i disoccupati in grado di sfamare oltre 3.000 persone al giorno.

Al Capone contro il governo federale

Il cerchio intorno a Capone si stava stringendo, gli restava poco tempo per escogitare qualcosa per salvarsi.

Gli intoccabili, finzione o realtà?

Le ricostruzioni cinematografiche della vita di Al Capone lasciano intendere che a porre fine al regno di Capone fu una gruppo di agenti del Dipartimento del Tesoro chiamato “Gli Intoccabili” (dalle cui vicende fu ispirato il famoso film con Sean Connery), in realtà non fu così.

Gli Intoccabili (1987)

Gli Intoccabili erano soltanto una facciata da ostentare di fronte all’opinione pubblica. C’era bisogno di eroi ben riconoscibili per contrastare il mito di Scarface.

Così gli Intoccabili fecero qualche irruzione molto teatrale in locali appartenenti alla malavita, giusto per far parlare di loro i giornali e mettere sotto pressione Al Capone.

Il grosso del lavoro lo fece tutto lo staff del L’Internal Revenue Service (IRS), l’agenzia governativa americana che controlla le entrate fiscali, in oltre 5 anni di indagini.

Al era difficile da incastrare, non c’erano prove dei suoi crimini, dello spaccio di alcolici, del giro di prostituzione, della corruzione, etc. L’unico modo per incastrarlo era procedere sfruttando la frode fiscale, l’unico reato di cui si potevano portare prove di fronte a un giudice.

Tuttavia anche questo reato non era facilmente dimostrabile in quanto Al Capone risultava nullatenente. Tutti le sue proprietà erano intestaste alla moglie, alla madre o ad altri parenti dalla fedina penale pulita. Inoltre non aveva alcun libro contabile, nessuna annotazione che riguardava le sue entrate.

Questo non fermò gli agenti che indagavano su di lui. Riuscirono a scovare i contabili che lavoravano per Al Capone e trovarono le prove che tanto stavano cercando. Al non aveva libri contabili, ma i suoi dipendenti si, anche se erano criptati.

Su questi libri mastri tutto era ppuntanto utilizzando codici e perciò gli agenti dell’IRS dovettero prima decifrarli. Riuscirono a ricollegare alcuni codici ad Al Capone.

Il processo

Ci vollero 5 anni di indagini per acquisire tutte le prove contro Al Capone. Il 5 giugno 1931 il gangster fu incriminato per evasione fiscale commessa dal 1925 al 1929.

Il procuratore George E. Q. Johnson calcolò che Scarface doveva allo stato oltre 250.000 dollari.

Al era ormai con le spalle al muro. Tentò di sfuggire all giustizia con qualsiasi mezzo. Provò a far uccidere Johnson assoldando 5 sicari.

Il procuratore Johnson sapeva di essere in pericolo, conosceva i metodi del suo avversario. Non si muoveva mai senza scorta e sia davanti casa sua che sul retro c’era sempre una volante della polizia di Chicago. Questo era l’unico modo che aveva per sopravvivere.

I sicari di Capone vennero intercettati e neutralizzati dai servizi segreti prima ancora di provare a uccidere Johnson.

A quel punto Big Al cercò di patteggiare ma il giudice non volle ascoltarlo, non voleva scendere a patti con un delinquente come lui.

A capone allora non restò che la via della corruzione, riuscì a corrompere quasi tutti i giurati che avrebbero partecipato al processo. Il giudice però, conscio del fatto che AL avrebbe potuto corrompere la giuria, fece sostituì tuti i giurati poco prima che il processo iniziasse.

Il processo cominciò il 7 ottobre 1931 e Big Al era sicuro di poter vincere e ostentava serenità. Non si era reso conto che la giuria era stata cambiata.

Al Capone in tribunale

AL non aveva nemmeno capito quanto il reato di evasione fiscale era mal visto dalla gente. In un periodo come quello in cui i salari erano bassi, il lavoro scarseggiava e nonostante tutto la povera gente doveva pagare le tasse i furbetti risultavano odiosi.

La condanna di Al Capone

Il processo durò fino al 17 ottobre. La giuria rimase riunita per più di 9 ore prima di giudicare Al Capone colpevole di evasione fiscale.

Al Capone fu condannato a 11 anni di prigione, la pena più severa prevista per il reato di evasione fiscale.

Al non si aspettava di essere condannato o al più pensava che al massimo gli avrebbero dato un paio di anni da scontare in prigione. Uscendo dall’aula di tribunale disse ai fotografi e ai reporter:

Approfittatene ora perché non mi rivvedrete per un bel pezzo.”

Il gangster ricorse in appello ma perse. Dalla prigione di Cook County fu trasferito ad Alcatraz.

La morte di Al Capone

Al Capone non ebbe vita facile ad Alcatraz. Non poteva gestire i suoi affari ed era escluso dal mondo esterno. Nel 1936 subì un attacco alle spalle a opera di un altro detenuto che voleva colpirlo alla schiena con delle forbici.

Nel 1938 gli fu diagnosticata la sifilide, malattia di cui da anni subiva gli effetti degenerativi. Aveva contratto la malattia da una delle tante prostitute che frequentava.

Avendo bisogno di cure mediche fu trasferito nel penitenziario federale di Los Angeles nel 1939. A novembre dello stesso anno fu rilasciato e mandato all’Union Memorial Hospital situato a Baltimore.

Ritornò in Florida a marzo del 1940, ormai la sifilide lo aveva divorato, non era più lui.

Al Capone morì il 25 gennaio 1947 per arresto cardiaco, aveva 48 anni. I funerali si tennero a Chicago con una cerimonia solenne a cui parteciparono anche i suoi ex nemici. Nonostante fosse ormai solo l’ombra di se stesso negli ultimi anni e fosse rimasto solo e abbandonato da tutti gli fu reso omaggio in grande stile.

Al Capone segnò la nascita del crimine organizzato che imperversò in America fino agli anni ’80. Il suo modo di agire e la sua intelligenza furono un modello per tutti i gangster a venire.

Secondo il procuratore Johnson se Al Capone avesse usato le sue capacità, il suo talento, il suo coraggio e le sue energie in una strada che non fosse la delinquenza sarebbe potuto diventare un uomo d’affari di successo.

Alphonse Capone era un uomo dotato di fascino e di una spiccata dote di leadership. Sua è la famosa frase:

« Mi si accusa di tutte le morti violente nel mondo, mi meraviglio come non mi addossino anche le vittime della Grande Guerra. »

Certo è che il gangster aveva una forte personalità. Se vuoi saperne di più su di lui leggi anche questo altor mio articolo: curiosità su Al Capone. Scoprirai l’origine del soprannome Scarface e come Al si batté per fa stampare la data di scadenza sulle bottiglie di latte fresco.